Nel caso in esame, dopo un lungo iter giudiziario dinnanzi al Tribunale e alla Corte territoriale la Corte di Cassazione ha confermata la sentenza di condanna emessa nei confronti di un coordinatore per la sicurezza nei primi gradi di giudizio rigettando il ricorso dallo stesso avanzato con il quale aveva messo in evidenza una violazione da parte della Corte di Appello del principio della corrispondenza fra imputazione e sentenza di cui all'art. 251 del c.p.p.. Pur dato atto, ha sottolineato la suprema Corte nella sentenza, della estraneità del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione ai precetti contenuti nelle imputazioni, che facevano riferimento a violazioni di disposizioni contenute nel D.P.R. n. 164/1956 in quanto rivolte al datore di lavoro, è stata comunque individuata una sua condotta colposa per non avere vigilato, nel rispetto degli obblighi di coordinamento e di sicurezza posti a suo carico, sulla predisposizione delle misure di sicurezza (la protezione dalla caduta dall'alto) la cui mancanza aveva portato all'infortunio del lavoratore.
Scarica qui la Sentenza Condanna CSE n. 39498 del 29.08.2017 Penale Sez. III.pdf
L'aumento di 29 denunce d'infortunio con esito mortale è la sintesi di andamenti diversi osservati nelle singole gestioni. Quella dell'Industria e servizi, infatti, è la sola che ha avuto un incremento, decisivo nel saldo negativo finale, da 450 a 497 casi (+10,4%), mentre Agricoltura e Conto Stato presentano entrambe una diminuzione rispettivamente da 80 a 76 casi (-5%) e da 32 a 18 (-43,8%)
Dall'analisi territoriale emerge un aumento di 33 casi delle denunce d'infortuni con esito mortale nel Nord-Ovest (Lombardia +15 decessi, Liguria, +10, Piemonte +8), cui si contrappongono i dati del Centro, per il quale si registra un calo di 12 decessi (Marche -6 casi, Toscana -4, Lazio -1, Umbria -1), e quelli del Nord-Est (tre denunce in meno), dove spiccano in particolare i dati del Veneto (-10 casi) e del Friuli Venezia Giulia (+9).
Nel Sud (-2 casi mortali per l'intera area geografica), l'incremento dell'Abruzzo (+15 casi) praticamente pareggia la diminuzione delle denunce registrata nelle altre regioni, mentre nelle Isole (+13 denunce), la Sicilia si evidenzia per i suoi 15 casi in più.
Nei confronti di periodo, le variazioni percentuali delle denunce di infortuni mortali presentate all'Inail nel 2017 finora hanno sempre avuto segno positivo, con l'unica eccezione del primo quadrimestre che, al contrario, aveva fatto registrare una diminuzione rispetto ai primi quattro mesi del 2016.
A fare la differenza nel saldo finale dei primi sette mesi di quest'anno continua a essere soprattutto il dato di gennaio, con 30 denunce mortali in più rispetto al primo mese del 2016 (95 contro 65 casi), oltre la metà delle quali legate alle due tragedie di Rigopiano e Campo Felice. Il confronto tra luglio 2016 e luglio 2017 fa registrare invece un incremento di tre casi.
Nei primi sette mesi di quest'anno, inoltre, le denunce d'infortunio pervenute all'Inail sono state 380.236, 4.750 in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (+1,3%), per effetto di un aumento infortunistico dell'1,2% registrato per i lavoratori (2.832 casi in più) e dell'1,4% per le lavoratrici (oltre 1.900 in più).
All'incremento hanno contribuito soltanto la gestione Industria e servizi (+2,1%) e la gestione Conto Stato dipendenti (+3,6%), mentre Agricoltura e Conto Stato studenti delle scuole pubbliche statali hanno fatto segnare un calo pari, rispettivamente, al 5,0% e all'1,9%.
A livello territoriale, le denunce d'infortunio sono aumentate al Nord (oltre 5.800 casi in più) e, in misura più contenuta, al Centro (+245), mentre hanno fatto registrare una diminuzione al Sud (-985) e nelle Isole (-337).
Gli aumenti maggiori, in valore assoluto, si sono registrati in Lombardia (+2.821 denunce) ed Emilia Romagna (+1.560), mentre le riduzioni più sensibili sono quelle rilevate in Puglia (-672) e Sicilia (-658).
Nel solo mese di luglio, in particolare, sono state rilevate 46.390 denunce, 1.608 in più rispetto a luglio 2016 (+3,6%). Il numero dei giorni lavorativi è stato identico sia per i mesi di luglio 2016-2017 (21) sia per l'intero periodo gennaio-luglio (146).
La promozione della salute nei luoghi di lavoro: il progetto della Regione Emilia-Romagna", a cura di Mara Bernardini (Regione Emilia-Romagna, Direzione Generale Cura della persona, salute e welfare, Servizio prevenzione collettiva e sanità pubblica, Azienda USL di Modena, Dipartimento di Sanità Pubblica, SPSAL) viene presentato il piano della prevenzione 2015 -2018 della Regione Emilia-Romagna che, in applicazione delle indicazioni del Piano nazionale per la prevenzione, individua 4 setting su cui agire: ambiente di lavoro; ambiente sanitario; scuola; comunità. E se per gli ambienti di lavoro sono previsti 8 progetti, la relazione si sofferma proprio sul progetto relativo alla "Promozione della salute nei luoghi di lavoro".
La relazione, che si sofferma sugli obiettivi generali e sulle diverse attività del progetto, ne riporta anche gli obiettivi specifici:
- "prevenire o modificare quei comportamenti nocivi che costituiscono i principali fattori di rischio per le malattie croniche più frequenti (malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie, diabete);
- la PSL ( promozione della salute nei luoghi di lavoro) ha un valore strategico nei luoghi di lavoro soprattutto se collegata alla riduzione degli effetti additivi o sinergici sulla salute dei rischi professionali e di quelli legati agli stili di vita".
Molti adempimenti riservati alle imprese, infatti, non incidono minimamente sulla figura dell'artigiano autonomo, anche in ovvia conseguenza del fatto che questo soggetto giuridico non possiede lavoratori dipendenti per i quali, invece, sarebbe tenuto ad attuare le comuni misure di tutela previste dalla legge.
Uno tra i primi riferimenti al lavoratore autonomo è contenuto all'art. 20 comma 3 D.Lgs. n.81/08, circa l'obbligo di esporre, in regime d'appalto e subappalto, l'apposito tesserino di riconoscimento.
L'EX REC anche detto corso SAB (Somministrazione di Alimenti e Bevande) è un corso necessario per acquisire i requisiti previsti dal D.lgs. n.59 del 2010. Il corso, della durata di 120 ore, è suddiviso in due moduli:il primo a carattere giuridico amministrativo dell'impresa, mentre l'ultimo si concentra sulla merceologia e la sicurezza alimentare. Al termine del percorso formativo il candidato dovrà sostenere un esame, il cui superamento consentirà di iscriversi nel Registro Imprese. Per poter aprire una attività di commercio e/o somministrazione di alimenti e bevande è necessario, dunque, secondo i criteri sanciti dal suddetto decreto, possedere tali requisiti. Per somministrazione al pubblico di alimenti e bevande si intende una forma di commercio al dettaglio connotata dal consumo dei prodotti alimentari nei locali, o in superfici annesse all'esercizio aperte al pubblico, attrezzati a tale scopo.
Fonte: Bio Invent
Negli ultimi tempi si sta sempre più diffondendo un approccio che vede, in caso di reato d'evento occorso a personale delle imprese esecutrici, il sistematico coinvolgimento nel procedimento giudiziario della catena gerarchica dell'impresa affidataria e cioè datore di lavoro, dirigenti (in genere il direttore di cantiere) e preposti (capicantiere e assistenti).
Gli obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria, sono quelli previsti dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 97, dai commi 2 e 3 dell'art. 101 e dall'art.95 (in particolare le disposizioni indicate alla lettera "g", riguardante la cooperazione e il coordinamento tra i datori di lavoro e i lavoratori autonomi) del D. Lgs. n° 81/2008.
In particolare, il datore di lavoro dell' impresa affidataria (art. 97, comma 1) deve verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.
Il successivo comma 2 ribadisce che << Gli obblighi derivanti dall'articolo 26, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al datore di lavoro dell'impresa affidataria. Per la verifica dell'idoneità tecnico professionale si fa riferimento alle modalità di cui all'allegato XVII.>>
Infine, il comma 3 richiede al datore di lavoro dell'impresa affidataria di:
coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l'esecuzione.
Il comma 3-ter prevede che <<Per lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo, il datore di lavoro dell'impresa affidataria, i dirigenti e i preposti devono essere in possesso di adeguata formazione>>.
Il successivo art. 101 del D. Lgs. n° 81/2008, riguarda gli obblighi di trasmissione documentale che gravano sul datore di lavoro dell'impresa affidataria.
In particolare, il comma 2 richiede la trasmissione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) alle imprese esecutrici ed ai lavoratori autonomi.
Il comma 3 richiede che, prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice trasmetta il proprio Piano Operativo di Sicurezza (POS) all'impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al Coordinatore per l'Esecuzione (CSE).
In genere, gli enti di vigilanza si trovano a contestare a datore di lavoro, dirigenti e preposti delle imprese affidatarie, sia per reati di puro pericolo che per reati d'evento, l'omessa verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento.
Questa particolare tipologia di contestazione, necessita di un attento approfondimento.
Per ottemperare concretamente all'obbligo citato è necessario, innanzi tutto, che le attività lavorative si svolgano sulla base di un programma lavori concordato con la direzione lavori, il CSE ed i datori di lavoro delle imprese esecutrici e cioè di quelle imprese a cui l'affidataria ha subappaltato, previa espressa autorizzazione del committente, parte dei lavori.
Naturalmente il programma dei lavori non può intendersi come un documento immodificabile ma deve essere tutt'altro e cioè un documento che è soggetto a cambiamenti, anche repentini, in funzione di una serie di variabili che caratterizzano l'esecuzione dei lavori edili o di ingegneria civile nel contesto in cui gli stessi si svolgono.
In ogni caso, però, è fondamentale che qualunque tipo di cambiamento sia esso dovuto a variabili interne o esterne al processo lavorativo, sia preventivamente concordato e programmato tra tutti gli attori presenti in esso: direzione lavori, CSE, impresa affidataria ed imprese esecutrici.
Il passo successivo è quello di verificare la necessità o meno di aggiornamento/modifica dei contenuti del PSC e, di conseguenza, dei POS delle imprese presenti (affidataria ed esecutrici).
In caso contrario, le possibili conseguenze sono quelle di innescare situazioni di rischio, interferenziali e non, tali da alterare negativamente gli standard attesi di sicurezza del cantiere.
Gli obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria, però, devono essere intesi come obblighi di vigilanza diretta sulle attività lavorative svolte dalla propria impresa (quando effettuate) e di verifica delle attività svolte dalle imprese esecutrici (mediante il coordinamento e la cooperazione tra i datori di lavoro, la verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'attuazione delle disposizioni e prescrizioni previste dal PSC).
Di fatto trattasi, da un lato, della concreta applicazione all'appalto dei più generali principi sanciti ex art. 36 D. Lgs 81/08 (l'informazione alle imprese appaltatrici ed ai lavoratori circa i rischi nell'esecuzione delle opere) e, dall'altro, di cooperare per l'attuazione delle misure prevenzionali volte ad eliminare eventuali rischi interferenziali incidenti sull'attività lavorativa, verificando il mantenimento di condizioni di sicurezza volte a tutelare l'integrità psicofisica dei lavoratori impegnati in cantiere.
Quando l'impresa che si aggiudicata l'appalto è sì affidataria ma non esecutrice in quanto ha subappaltato tutti i lavori (cosa impossibile negli appalti pubblici), l'obbligo gravante su datore di lavori, dirigenti e preposti non può che essere di verifica delle attività svolte dalle imprese esecutrici. Tale verifica, però, non può intendersi come un'attività da espletare in modo continuo, momento per momento, durante l'esecuzione dei lavori.
Questo perché il datore di lavoro dell'impresa affidataria non può rispondere per azioni o omissioni compiute dal datore di lavoro dell'impresa esecutrice nell'ambito della sua autonomia d'impresa sancita dall'esistente contratto di subappalto.
In altre parole, il datore di lavoro dell'impresa affidataria, anche nel caso in cui avesse interamente subappaltato i lavori, non sarà esente dall'obbligo di organizzare un proprio presidio in cantiere con l'obiettivo di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del PSC.
Ciò però non va confuso, come oggi continua ad avvenire grazie ad interpretazioni integraliste della norma da parte di funzionari degli enti di vigilanza e magistratura inquirente e giudicante, come un obbligo di costante vigilanza in cantiere sull'operato delle imprese esecutrici. Ad esempio, un conto è una situazione o un comportamento che, trascinandosi nel tempo senza alcun intervento da parte dell'impresa affidataria [1], ha generato un reato d'evento (infortunio) e tutt'altra cosa è, invece, una situazione o un comportamento che si è concretizzato in tempi rapidissimi provocando un grave infortunio. Nel primo caso è palese la responsabilità del datore di lavoro dell'impresa affidataria e dei suoi collaboratori mentre nel secondo caso, i profili di responsabilità devono rimanere all'interno del perimetro degli obblighi del datore di lavoro dell'impresa esecutrice in quanto, è opportuno ricordarlo, è lui con i suoi collaboratori, il destinatario degli obblighi di tutela nei confronti dei propri lavoratori.
Quindi, non può certo essere vista come una condotta penalmente esigibile quella di un datore di lavoro di un'impresa affidataria e/o dei suoi collaboratori (direttori di cantiere e capicantiere) che, momento per momento, controlla puntualmente l'operato di una o più imprese esecutrici a cui ha subappaltato parte dei lavori.
Facendo un esempio, si può pensare ad un lavoratore dell'impresa esecutrice che decide di arrampicarsi al secondo livello di un ponteggio dall'esterno per evitare di perdere tempo utilizzando l'accesso dall'interno della struttura oggetto di manutenzione straordinaria. E' lo stesso preposto dell'impresa subappaltatrice che deve intervenire (visti gli obblighi previsti a suo carico dall'art. 19 del D. Lgs. n° 81/2008) e sotto i cui occhi viene adottato questo comportamento pericoloso dal lavoratore. Di certo non può farlo, ad esempio, il direttore di cantiere dell'impresa affidataria che in quel preciso momento sta rivedendo l'andamento dei lavori, nell'ufficio di cantiere, con il proprio capocantiere e con il direttore dei lavori per il committente.
Un intervento del direttore di cantiere dell'impresa affidataria sarebbe stato possibile e doveroso solo se il comportamento citato fosse stato, da questi, direttamente osservabile.
Quando, il comportamento pericoloso si concretizza in tempi rapidissimi e cioè nell'ordine di pochi minuti, è solo chi è presente, in quel preciso lasso di tempo sul posto, che può intervenire per impedirlo; da qui, il potere impeditivo previsto dal legislatore e posto a carico del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti dell'impresa in cui opera il lavoratore che sta adottando il citato comportamento pericoloso.
Sono quindi le omissioni dei soggetti citati che creano i presupposti dell'evento lesivo e solamente il loro immediato intervento (mediante l'esercizio del potere impeditivo previsto dalla legge a loro carico) potrebbe impedire che una situazione di pericolo si evolva in un grave infortunio e cioè in un reato d'evento.
Ovviamente, se risultasse dalle indagini, che simili comportamenti si protraevano fin dagli inizi delle attività nel più totale disinteresse da parte anche dell'impresa affidataria, allora la violazione degli obblighi citati, anche da parte del personale di quest'ultima, sarebbero evidenti.
Comunque, va detto che non è stato certo un caso che il legislatore, al fine di chiarire questi aspetti, dopo la pubblicazione del D. Lgs. n° 81/2008, sia successivamente intervenuto con il D. Lgs. n° 106/2009 (vedasi Relazione di Accompagnamento – pag. 23) modificando l'iniziale e fuorviante obbligo di <<vigilare sulla sicurezza dei lavori affidati>> in obbligo di <<verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati>> ribadendo così che l'obbligo del datore di lavoro dell'impresa affidataria è un obbligo di <<mezzi>> e non certo di <<risultato>>, visto che nessuno può essere chiamato a rispondere per reati commessi da terzi.
Inoltre, si reputa opportuno precisare che l'azione del datore di lavoro dell'impresa affidataria previsto dall'art. 97 comma 1, non deve essere intesa come sostitutiva di quella prevista a carico del CSE dall'art. 92, comma 1, lettera a) del D. Lgs. n° 81/2008 ma solo come <<parallela>>; in caso contrario ci si troverebbe di fronte alla violazione del livello minimo imposto dallo standard comunitario ( Direttiva 92/57/CEE) - che individua in un soggetto professionalmente qualificato come il CSE, colui che deve concretamente attuare tali azioni – prefigurando così un profilo di incostituzionalità della norma stessa.
Per quanto riguarda gli obblighi previsti dal comma 3, lettera a) dell'art. 97 del D. Lgs. n° 81/2008, il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve espletare quello che si può chiamare <<coordinamento operativo dei rischi d'impresa>>, visto che il legislatore fa espresso riferimento agli art. 95 e 96 del citato decreto. Anche in questo caso, però, questa attività non va intesa come sostitutiva rispetto quella del CSE espletata sui rischi di cantiere perché, in caso contrario, ricadremmo nel caso di incostituzionalità della norma per violazione dello standard minimo comunitario che individua nel CSE il soggetto preposto all'espletamento dell'attività di coordinamento.
In merito agli obblighi previsti dal comma 3, lettera b) dell'art. 97 del D. Lgs. n° 81/2008, il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l'esecuzione.
Questo obbligo trova la sua concreta attuazione operativa nella previsione contenuta nel successivo art. 101, comma 3 dove viene richiesto che ciascuna impresa esecutrice trasmetta il proprio POS all'impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al CSE.
Anche in questo caso, va precisato che la verifica di <<congruenza>> richiesta non va assolutamente confusa con la verifica di <<idoneità>> del POS da parte del CSE.
La verifica di congruenza richiesta al datore di lavoro dell'impresa affidataria, riguarda le modalità con cui si è strutturata la catena del subappalto ed è un obbligo di <<mezzi>> e non di <<risultato>>.
La verifica d'idoneità, richiesta al CSE, impone di dare evidenza di una relazione di coerenza tra il PSC e ciascun POS quale piano complementare di dettaglio del PSC. In più, il legislatore ha richiesto un obbligo di risultato al CSE visto che espressamente richiede che questi assicuri la coerenza del POS con il PSC.
In caso contrario, ancora una volta, ricadremmo nel caso d'incostituzionalità della norma per violazione dello standard minimo comunitario che individua nel CSE il soggetto preposto all'espletamento dell'attività di verifica d'idoneità del POS.
Quindi, nell'ipotesi in cui il POS di un'impresa esecutrice fosse <<incongruo>> rispetto il POS dell'impresa affidataria ma <<coerente>> con il PSC, prevarrà la posizione del CSE e non certo quella del datore di lavoro dell'impresa affidataria.
In conclusione, i compiti del datore di lavoro dell'affidataria sono compiti di verifica sulle condizioni di sicurezza dei lavori e non un'attività di puntuale e stringente controllo sull'operato dei singoli dipendenti delle imprese esecutrici (e che richiederebbe quella presenza costante che nessuna norma impone all'azienda affidataria).
Fonte:https://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/ruoli-figure-C-7/datore-di-lavoro-C-71/l-impresa-affidataria-la-sicurezza-in-cantiere-AR-17266/
In materia di sicurezza sul lavoro, la predisposizione incompleta del documento di valutazione dei rischi (DVR) ex art. 28, D.Lgs 81/2008, che è onere del datore di lavoro non delegabile, fonda la responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001, a causa del vantaggio di risparmio di tempo conseguito dalla stessa.
Questo è quanto ha ribadito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 29731 dello scorso 14 giugno. Nel caso in esame l'Ente è stato ritenuto responsabile, prima dal Tribunale e successivamente dalla Corte d'Appello, del reato di lesioni colpose (art. 590 del Codice Penale) in danno di un lavoratore vittima di un infortunio mentre era intento alle operazioni di sostituzione del tappeto della macchina rotativa, dovendosene attribuire la responsabilità anche alla società, avendo questa conseguito un vantaggio dalle condotte del predetto, ossia una riduzione dei costi lavorazione e, conseguentemente, maggiori utili rispetto a quelli realizzabili attraverso il rispetto della normativa antinfortunistica.
Da ciò ne è discesa la colpa d'organizzazione dell'ente consistita nella mancata adozione, in relazione alla specifica ipotesi delittuosa in esame, di un modello di organizzazione e gestione nonché nella mancata assicurazione di un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici previsti dalla normativa in materia di salute e sicurezza.
In merito i giudici della Cassazione, rigettando il ricorso presentato dalla Società, hanno confermato quanto statuito in primo e secondo grado rilevando che, nel caso di specie, il documento di valutazione rischi, la cui redazione è compito specifico del datore di lavoro e in quanto tale insuscettibile di formare oggetto di delega, era stato stilato in maniera incompleta.
In particolare, la Cassazione ha ritenuto che proprio dalla suddetta lacuna è susseguito l'infortunio del lavoratore rispetto al quale la società è responsabile ai sensi dell'art. 590 c.p., ma non solo. Il mancato rispetto della normativa antinfortunistica, dalla quale ne è conseguito un vantaggio per la società derivante dal risparmio di tempo, fonda la responsabilità amministrativa da reato di cui all'art. 5 del D.Lgs. 231/2001.